In occasione della giornata nazionale del “Fiocchetto Lilla” Keyson mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei disturbi del comportamento alimentare.
Nei disturbi del comportamento alimentare il ruolo del nutrizionista può essere quello di supporto a una terapia cognitivo-comportamentale e soprattutto nelle situazioni di riabilitazione nutrizionale.
Classificazione:
- Anoressia nervosa (AN)
- Bulimia nervosa (BN)
- Disturbo da alimentazione incontrollata o da abbuffate ricorrenti (BED) Binge Eating Disorder
- Disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati (NAS)
- Ortoressia ( ossessione patologica nei confronti dell’alimentazione)
“Pur di essere magre le donne sono disposte a morire” uno degli ultimi slogan.
Vediamo insieme alcuni dati:
Anoressia: 5% per le complicanze della denutrizione o per suicidio
Bulimia: fino al 2%
Prime cause di morte tra le giovanissime 12/25 anni: 10% a 10 anni dall’esordio,
20% a 20 anni dall’esordio.
I disturbi del comportamento alimentare esprimono un problema di relazione con gli altri, l’incapacità o il limite nel confrontarsi.
Anoressia
✓Scelta di non alimentarsi fino al rischio di morte.
✓Mantenimento attivo di basso peso (IMB minore 17,5 kg/m2) con un dieta ferrea e molto ipocalorica.
✓Paura ossessiva di ingrassare
Bulimia
✓Assunzione di quantità elevate di cibo per eliminarlo regolarmente più volte al giorno con il vomito auto-provocato o con l’abuso di lassativi diuretici, drastico digiuno, esercizio fisico eccessivo o compulsivo.
✓La persona bulimica è generalmente di peso normale.
✓Frequente abuso di alcolici e/o droghe.
Binge eating disturbi alimentari non altrimenti specificati (NAS)
✓Casi non chiaramente definibili come anoressia/bulimia.
✓Casi di alimentazione incontrollata con episodi bulimici ricorrenti in assenza di regolari comportamenti di compenso.
Obesità
✓Assunzione di cibo senza limite fino a raddoppiare o triplicare il proprio peso.
Le persone affette da DCA hanno degli aspetti psicologici ossessionati sul peso, sulla forma del corpo e sull’alimentazione e, generalmente, esistono degli eventi nella storia clinica personale da cui scaturiscono come lutti, perdite affettive, abusi sessuali, maltrattamenti…
Atteggiamenti caratteristici:
➢la riduzione della quantità di cibo introdotto;
➢crisi di iperfagia ricorrente;
➢assunzione diuretici o lassativi;
➢lunghi digiuni;
➢autoinduzione del vomito;
➢aumento dell’intensità, della durata, della frequenza dell’esercizio fisico, con finalità unica della perdita di peso.
In genere si tratta di disturbi che tendono a cronicizzare e che si riacutizzano a distanza di anni. L’esercizio fisico viene visto come una sessione con l’unico intento di bruciare le calorie ingerite.
Il profilo della persona over-exercising: continua l’attività motoria anche se si sente stanca o si è fatta male, ha insoddisfazione della propria immagine, paura di ingrassare e ossessione per il peso e il cibo, fa attività fisica quasi sempre da sola, svolge attività fisica più intensa e frequente di quando consigliato per la sua salute…
Generalmente, le persone affette da DCA:
➙raramente mangiano davanti agli altri;
➙sono sempre malinconiche o depresse;
➙sono ossessionati dal peso loro e degli altri;
➙mentono su ciò che magiano;
➙vanno spesso in bagno subito dopo aver mangiato;
➙hanno manie di controllo.
I soggetti anoressici vanno incontro ad un indebolimento muscolare che comporta perciò l’indebolimento anche ad esempio livello cardiaco, anche se le analisi del sangue sono normali fino al verificarsi di una situazione come un’influenza.
Quando il disturbo si instaura prima del menarca, l’amenorrea può persistere anche dopo la guarigione.
Quando si spaventano?
Gli aspetti clinici generalmente sono correlati allo stato di malnutrizione o alle condotte di eliminazione ma, in realtà, i soggetti iniziano a spaventarsi solo in caso di condizioni più gravi come: amenorrea, osteoporosi, sofferenza fisica, versamento pericardico, o prolasso della mitrale.
Ad esempio il vomito può dare effetti negativi al livello gastrico esofageo, con questa continua acidità va a rovinare alcune mucose.
È importante instaurare un buon rapporto con il paziente evitando alcuni atteggiamenti come quelli saccenti, di chi vuole insegnare, di presa in giro, di generalizzare espressioni circa determinati comportamenti, di dare importanza al peso, stabilire un programma alimentare senza consultare la paziente anche se a fin di bene , fissare date per controlli come da schema.
Cosa fare…
Bisogna andare a definire un programma alimentare che inizi con un diario, per avvicinarle, comprendere i loro dubbi e le angosce e avviare un dialogo ma… il diario non deve protrarsi a lungo, i pazienti hanno bisogno di un confronto-incontro, di qualcuno che risponda alle loro domande, di qualcuno che legga quello che hanno dentro.
Il diario fa parte dell’anamnesi nutrizionale e altri strumenti utili sono l’impedenziometria, che volta per volta consente di osservare variazioni di massa e la calorimetria.
Spesso il consiglio da dare al genitore è di trovare canali diversi da quelli alimentare con il proprio figlio. Su certe cose sarebbe meglio il distacco.
Non esistono degli studi che dimostrano un protocollo o un modello terapeutico che possa garantire maggiori probabilità di successo rispetto ad altri modelli. Per quanto riguarda l’intervento nutrizionale si può affermare che il miglior approccio terapeutico è quello di tipo riabilitativo nel quale il paziente, motivato e collaborante, è il protagonista della propria cura.
È molto importante che ci sia una collaborazione tra il protagonista e il nutrizionista, che la terapia non sia orientata sul peso o sul valore del BMI, non richieda l’ossessiva presenza dei familiari e non induca nel paziente il timore di eventi clinici drammatici. Deve invece, garantire una rieducazione alimentare a piccoli passi, garantire ai nostri assistiti che l’obiettivo non è raggiungere il peso ideale, cioè “ingrassare” ma modificare il costume alimentare, concordare un peso desiderabile, recuperare il rapporto con il cibo, aggiunta progressiva di nuovi alimenti, analisi accurata delle scelte alimentari dei pazienti, concordare volta per volta quantità e qualità degli alimenti da reintrodurre, diario alimentare, non ridere se hanno paura di un cibo… Soprattutto è importante che il professionista non diventi l’unica valvola di sfogo dell’assistito, ma che abbia un eccellente rapporto utile a consentirne la guarigione.