La Mindufulness in italiano significa consapevolezza o piena presenza mentale.
Una definizione più estesa è di Kabazin: secondo lui è la consapevolezza che emerge se prestiamo attenzione in maniera intenzionale e non giudicante al dispiegarsi dell’esperienza momento dopo momento. La consapevolezza, la presenza mentale viene quindi fatta coincidere con il portare attenzione non con il pensiero/pensare. Questi ultimi due si distinguono perché l’attenzione è sempre nel momento presente a ciò che succede ed inoltre è non giudicante; il pensiero invece vive nel passato e nel futuro ed etichetta/giudica tutto ciò che si presenta nel flusso di coscienza.
Attraverso la pratica della mindfulness si impara a:
- Riconoscere le proprie emozioni, le sensazioni nel corpo e i pensieri nel momento in cui si stanno manifestando.
- Accettare l’esperienza interna, darle lo spazio per fluire, quindi non sopprimerla, non negarla, o al contrario non amplificarla, non rimanere ancorati, non incolpare gli altri.
- Ridirigere l’attenzione ad uno stimolo nel presente, in modo da poter mettere in atto una risposta più finalizzata.
Impariamo quindi a rispondere in maniera più consapevole a ciò che sta accadendo rispetto ad una reazione automatica. È una capacità innata di tutti perché gli esseri umani sono in grado di portare attenzione non giudicante, anche se molto spesso ce ne dimentichiamo.
Reagire automaticamente verso rispondere consapevolmente.
Vi è una vasta lettura scientifica negli ultimi anni a sostegno dei protocolli basati sulla mindfulness.
Cos’è il Mindful Eating?
Attraverso il mindful eating o alimentazione consapevole impariamo ad essere presenti mentre mangiamo. Diventiamo osservatori delle sensazioni fisiche, dei pensieri e delle emozioni che affiorano nei confronti del cibo e del mangiare momento dopo momento, in maniera non giudicante, ma con un’attitudine guidata da gentilezza e curiosità.
La maggior parte delle tecniche per cambiare il nostro modo di mangiare impongono un cambiamento dall’esterno. È quindi in grado di spezzare i condizionamenti del passato.
Il mindful eating è un’esperienza che coinvolge in maniera totale: corpo, cuore e mente , ci assistono nello scegliere il cibo, prepararlo e mangiarlo.
Il mindful eating implica essere consapevoli fin dall’inizio dell’esperienza, ovvero dal momento in cui sento fame. Porsi domande come: “Ho fame?”, “dove sento la fame?”, “di cosa ha bisogno il mio corpo?”, “sono sazio?”… aiutano a creare uno spazio di possibilità di cambiamento, da una reazione automatica ad una risposta consapevole.
Il mindful eating non è una disciplina teorica, ma si basa sull’esperienza, richiede pratica, portata avanti in modo diligente per un certo periodo di tempo. Alla persona infatti vengono assegnati diversi compiti: sia pratiche formali, di meditazione di consapevolezza, sia pratiche informali.
Esistono 9 tipi di fame:
La fame degli occhi
Gli occhi possono convincere la mente a ignorare i segnali dello stomaco e del corpo, anche quando questi ultimi non sono affamati. Ciò che vediamo ha il potere di superare i segnali interni di sazietà.
Gli esperti di marketing e pubblicità conoscono bene la fame degli occhi e ad oggi esistono fotografi specializzati nel fotografare il cibo in modo da massimizzarne il potere attrattivo.
Cosa soddisfa la fame degli occhi? La bellezza, se guardiamo con attenzione, se ci fermiamo e osserviamo con consapevolezza, stabiliamo una connessione. Lasciamo che gli occhi si sazino mentre mangiamo.
La fame del tatto
In molte culture si mangia con le mani e mangiare è più soddisfacente quando agli altri sensi si aggiunge anche il tatto. Il tatto non si limita al solo mangiare con le mani, ma anche alle labbra e lingua sono estremamente sensibili alle diverse consistenze del cibo, pensiamo al pane caldo o la schiuma del cappuccino.
Cosa soddisfa la fame del tatto?
La necessità di toccare ed essere toccati è naturale negli esseri umani e un tocco gentile è un elemento fondamentale per la crescita sana di un individuo: riduce i livelli di cortisolo e aumenta la secrezione di dopamina, serotonina e ossitocina.
La fame delle orecchie
La fame evocata dall’ascolto.
In un esperimento Spence riportò che le persone hanno una maggiore percezione di freschezza e croccantezza delle patitine in base alla frequenza e al volume del suono “crock”. L’industria alimentare sta applicando sempre più l’approccio cognitivo delle neuroscienze al design multisensoriale per la commercializzazione dei prodotti alimentari, basti pensare alle pubblicità. Soddisfare la fame delle orecchie attraverso i suoni vuol dire rimanere presenti alla sinfonia del cibo.
La fame del naso
Ciò che definiamo “gusto” o “sapore” dipende quasi interamente dal suo odore. La lingua, infatti, è in grado di distinguere solamente cinque sapori: dolce, salato, amaro, aspro e umami.
L’olfatto ha un effetto primitivo e potente sulla mente inconscia, perchè le terminazioni tra alcune aree del cervello ed il naso sono dirette. Soddisfare la fame del naso attraverso gli odori.
La fame della bocca
la fame della bocca è il desiderio della bocca di sensazioni piacevoli. Cosa costituisce una sensazione piacevole è diverso per ciascuno di noi e dipende da fattori genetici, abitudini alimentari, background culturale e i condizionamenti che ci portano ad associare determinati cibi con esperienze piacevoli o spiacevoli. La bocca desidera varietà di gusto e consistenza e si stufa facilmente perché molte volte mettiamo in bocca un boccone prima ancora di aver ingerito quello precedente. Per essere soddisfatti mentre mangiamo, la mente deve essere consapevole di cosa succede nella bocca.
La fame dello stomaco
Quali segnali manda lo stomaco quando ha fame? Alcuni hanno una sensazione di vuoto, altri sentono un senso di costrizione, quasi dei crampi. Eppure l’idea che sia lo stomaco a dirci quando dobbiamo sfamarlo non è corretta. Siamo noi, attraverso le abitudini alimentari, a dire allo stomaco quando deve avere fame. Lo stomaco ci invia segnali a degli orari abituali, condizionati dal nostro stile.
Allo stomaco interessa il volume, l’espansione del volume.
Si dice che lo stomaco sia il nostro secondo cervello e questo è dovuto alle numerosissime terminazioni nervose tra cervello e stomaco. Per soddisfare la fame dello stomaco dobbiamo imparare a osservare e valutare quanto lo stomaco è pieno.
La fame cellulare
sono gli elemento essenziali a costituire la fame cellulare: acqua, proteine, grassi, carboidrati, vitamine, sale e oligoelementi come ferro e zinco.
Il corpo ha la propria saggezza e può dirci di cosa ha bisogno se siamo in grado di ascoltarlo. Sfortunatamente, ci disabituiamo a sintonizzarci con i segnali del corpo. Come soddisfare la fame cellulare? Diventando più sensibili nel separare ciò di cui il corpo ha effettivamente bisogno da ciò che ci chiede la nostra mente.
La fame della mente
si basa sui pensieri. Questa fame include informazioni, numeri, istruzioni e critiche.
La nostra mente può confonderci ed allontanarci dall’ascolto del corpo, sorpassando i segnali di sazietà inviati dal resto del corpo, cambiando spesso idea e criticando, attraverso il giudice interiore, le nostre scelte alimentari. Tuttavia, la mente non è nostra nemica.
La fame del cuore
lo stato d’animo o l’emozione che riescono ad evocare alcuni piatti. La fame per questo tipo di cibi nasce dal desiderio naturale di sentirsi accuditi ed amati.
Molte persone sono consapevoli di mangiare quando provano solitudine, tristezza, insicurezza o frustrazione. Non possiamo dipendere dal cibo per riempire gli spazi vuoti del cuore. La fame del cuore viene soddisfatta dall’intimità.
Come possiamo passare da rapidi e fugaci momenti di consapevolezza a momenti più prolungati?
6 principi per coltivare il Mindful Eating
➢ Rallentare
Quando mangiamo velocemente, assaporiamo a malapena i cibi; avendo solo un’esperienza vaga di ciò che mangiamo. Mangiare più lentamente, rallentare, affiniamo un ascolto interno più profondo e siamo in grado di percepire i segnali di fame e sazietà. Portando attenzione al processo di masticazione cominciamo già ad assimilare i costituenti del cibo e ciò ci aiuta a renderci maggiormente conto di quando siamo sazi, quindi a mangiare di meno.
➢ Giusta quantità
Non è una quantità fissa, ma cambia a seconda delle circostanze. Per essere coscienti di quale sia la quantità giusta per noi, dobbiamo essere consapevoli delle condizioni del momento, ovvero quanto siamo affamati.
Rischiamo molto se facciamo affidamento agli stimoli esterni per riconoscere la giusta quantità.
➢ L’equazione dell’energia
Più energia in entrata, cibi economici e ricchi di calorie.
Meno energia in uscita, stile di vita più sedentario, nessuno sforzo per procurarsi il cibo. Lavorare con l’equazione dell’energia vuol dire adottare dei cambiamenti nel nostro stile di vita personale per essere più in linea con ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno.
➢ Sostituzioni consapevoli
Molte persone sono consapevoli di avere più voci nella testa, una voce infantile, una genitoriale che mette delle regole, una critica.
Come possiamo lavorare efficacemente con queste voci contrastanti?
Prendersi cura di sé stessi, ascoltando la voce premurosa e saggia.
➢ Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
Il nostro stato mentale, lo stress, le emozioni che proviamo possono portare a mangiare in modo non bilanciato. Essere sensibili e flessibili, utilizzare la consapevolezza e l’osservazione interna per scoprire come rallentare gli impulsi automatici.
➢ La gentilezza e il criterio interiore
Quando ci ascoltiamo, scopriamo che c’è un potente trio di voci; il perfezionista, l’istigatore, il critico. Queste voci son lì per aiutarci, quando però diventano troppo potenti, quando la loro capacità di distruggere un rapporto positivo con il cibo è più grande di quella di aiutarci possono diventare un problema.
Il mindful eating si basa sui principi di porre attenzione in modo particolare, intenzionalmente al momento presente e in maniera non giudicante. Insegna a dare il giusto spazio ai messaggi della mente, imparando a decifrare tutti i segnali che anche il corpo e le emozioni ci stanno inviando in quel momento. Offre degli strumenti per essere più presenti nell’atto del mangiare, smettere di lottare contro il cibo e migliorare la nostra qualità di vita.